È giusto vietare l’uso degli smartphone a scuola, ma sarebbe altrettanto utile insegnare ai ragazzi come impiegarlo quotidianamente nell’attività didattica.

di Cristina Audagna

La recente circolare del ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha imposto il divieto di usare i cellulari nelle scuole elementari e medie, suscitando un acceso dibattito. In vigore dall’anno scolastico 2024/25, vale a dire dal prossimo settembre, la misura ha trovato genitori e operatori sostanzialmente favorevoli, anche se rimangono alcuni dubbi su come verranno fatte rispettare le nuove regole. Abbiamo quindi chiesto a Italo Farnetani, ordinario di Pediatria presso la Libera Università degli Studi di Scienze Umane e Tecnologiche – United Campus of Malta, di fornirci un parere tecnico rispetto alla globalità di questa importante decisione, che segna uno spartiacque rilevante rispetto alle pratiche di alfabetizzazione digitale sdoganate dal ministero.

Professore Farnetani, che cosa ne pensa della circolare del ministro dell’Istruzione e del Merito?
«Sono d’accordo con la scelta del ministro di vietare l’uso degli smartphone a scuola perché sono elementi di forte distrazione. Mentre è invece opportuno che l’alunno si concentri attivamente sui contenuti scolastici e che possa realizzare le condizioni ottimali per la corretta ricezione del messaggio trasmesso dall’insegnante, che è poi il fattore determinante per il processo di apprendimento. La presenza dello smartphone in classe rappresenta inoltre un elemento di distrazione non solo per il singolo alunno ma soprattutto a livello collettivo, coinvolgendo anche i compagni. In sostanza la relazione interpersonale che si crea con l’insegnante viene alterata da un terzo elemento che è lo smartphone. Quindi non solo condivido la scelta del ministro ma apprezzo soprattutto il coraggio di aver realizzato ciò che in passato non era mai stato fatto a livello centrale. In questo modo la scuola supplisce a un vuoto educativo che ci si dovrebbe attendere dalle famiglie. Sottolineo inoltre che interrompere l’uso del cellulare per alcune ore della giornata rappresenta anche un salutare metodo per ridurne anche l’abuso».

È possibile, secondo lei, costruire dei percorsi scolastici di educazione alla digitalizzazione tramite smartphone senza per questo correre il rischio di sembrare troppo permissivi o addirittura tecno-entusiasti?
«Non sono d’accordo sulla scelta di non usare lo smartphone come strumento didattico, al contrario la scuola deve adeguarsi ai progressi non solo tecnologici ma anche di mutamenti sociologici. Oggi lo smartphone è divenuto il principale mezzo di collegamento alla rete ed è divenuto uno strumento essenziale per la vita quotidiana, basti pensare al blackout della settimana scorsa per rendersi conto quanto la nostra quotidianità dipenda dalla rete e dalle connessioni. E lo smartphone è il device digitale che più degli altri permette le relazioni, il contatto con gli altri e l’ancoraggio alla realtà mutevole che ci circonda. Lo ritengo quindi uno strumento indispensabile anche per la scuola, che dovrebbe in primo luogo integrarlo nella didattica e insegnare ai ragazzi a usare correttamente i prodigiosi servizi che offre. La scuola deve adeguarsi ai segni dei tempi. Come una volta si insegnava a usare il vocabolario o l’enciclopedia, allo stesso modo occorre educare i giovani a fare ricerche online imparando a distinguere le fonti attendibili da quelle che hanno per esempio implicazioni commerciali, propagandistiche o ancora peggio. Se la scuola risponde a questo compito, sicuramente ci sarà un adeguamento ai progressi e alle esigenze della società e si andrà a formare alunni e quindi cittadini più consapevoli, informati e capaci di attingere dai progressi della tecnologia tutti i vantaggi che si possono trarre».

E che cosa suggerirebbe per rendere più utile e incisiva questa pratica?
«Ci sono molti aspetti dell’apprendimento nell’infanzia che meriterebbero maggior attenzione da parte degli insegnanti e che possono essere di aiuto agli operatori stessi. Ad esempio è noto che nelle prime due ore di didattica, dall’arrivo in classe fino alle 10 – 10:30, la memoria a breve termine dei ragazzi è meno attiva, che è poi quella che serve per capire i concetti che si basano su idee astratte. Ecco, queste sono le ore giuste per fare lezioni sull’uso dello smartphone, insegnando ai ragazzi a fare ricerche per imparare un metodo efficace per navigare in rete.

Italo Farnetani

L’impiego didattico delle ricerche online è importantissimo e sinergico alla raccolta di dati enciclopedici utili alle lezioni e per creare collegamenti intelligenti tra discipline differenti. In questo modo si eviterà un cattivo impiego dello smartphone e si incoraggerà una fruizione consapevole dello strumento e di tutto il web».

Ci dà un suo giudizio sull’esperienza della scuola svizzera di Würenlos, dove la direttrice Mirjam Frey ha vietato l’uso dei telefoni cellulari con risultati, sembra, positivi, come confermerebbe un sondaggio interno svolto tra insegnanti e studenti?
«Le rilevazioni fatte nella scuola elvetica non hanno purtroppo alcun valore scientifico, in quanto per fare una rilevazione statistica e invece è necessario innanzitutto selezionare in modo scientifico il campione da studiare, che deve essere eterogeneo, congruo e significativo. Oltretutto stiamo parlando di una scuola soltanto, che fa riferimento a un ambito geografico anche piuttosto ristretto. Il campione dovrebbe essere composto da più scuole appartenenti ad aree geografiche e situazioni socioeconomiche diverse, eterogenee e che siano in grado di rappresentare tutta la varietà della popolazione, anche per provenienza etnica. Inoltre il questionario o il criterio di rilevazione per la valutazione dei risultati deve essere scelto con base scientifica, pertanto l’esperienza di questa scuola, pur se composta da centinaia di alunni, non rappresenta una rilevazione attendibile».

Non crede che a scuola occorrerebbe insegnare ai ragazzi anche come gestire gli stati d’ansia e le distrazioni cagionati dall’iperconnessione digitale?
«Ogni persona davanti allo smartphone o alla rete risponde in base alla propria emotività o personalità, anche per gli aspetti che riguardano le risposte d’ansia o di tensione emotiva. Senza dubbio è necessario che i bambini alle prime armi con lo smartphone siano accompagnati fin da piccoli al suo utilizzo corretto, compito che spetta ovviamente ai genitori. L’obiettivo è avere un rapporto equilibrato, sereno e consapevole con la grande ricchezza e i grandi pericoli della rete. E in questo caso anche il contributo della scuola può rappresentare un valore aggiunto. È chiaro che la comparsa di stati ansiosi o comunque patologici nell’uso della rete con lo smartphone dovrebbe accendere una spia tra genitori e operatori per verificare con un medico o un terapeuta l’insorgenza di un disagio».