Che cosa significa per i professionisti della cura lavorare oggi in cooperativa, e quali sono le loro reali aspettative? Lo rivela una ricerca sul campo realizzata da Euricse.
di Antonello Raciti
Da tempo si assiste a un rapido cambiamento nelle motivazioni dei giovani lavoratori nel complesso settore dei lavori di cura. Stiamo parlando di un fenomeno che sta avendo effetti sensibili sul turnover complessivo e quindi sulla stabilità e sostenibilità del sistema. Il numero di uscite per dimissioni da questo particolarissimo ambito lavorativo non viene infatti corrisposto da un adeguato numero di nuovi ingressi, mettendo a serio rischio la continuità dei servizi agli utenti. Di questo problema si è occupata una ricerca sul campo condotta da Euricse, European research institute on cooperative and social enterprises, la Fondazione nata nel 2008 per iniziativa dell’Università degli Studi di Trento, che ha realizzato un’indagine specifica per conto di due consorzi lombardi, Consolida di Lecco e Sol.Co di Sondrio.
Da dove nasce la ricerca Euricse
L’istituto di ricerca trentino ha voluto approfondire i motivi del crescente abbandono di questi lavori, considerati all’inizio molto accattivanti, soprattutto dai più giovani, ma che evidentemente nel corso del tempo si rivelano piuttosto deludenti sul piano delle motivazioni e delle soddisfazioni personali. Questo fenomeno preoccupa oltremodo tutto il settore cooperativo, considerando che proprio in questo preciso momento storico sta crescendo in maniera sensibile la domanda di interventi nei settori educativo, sociosanitario e assistenziale.
L’indagine Euricse si è svolta nel 2023 attraverso questionari somministrati a un ampio campione di lavoratori presso 24 cooperative sociali operanti nelle tre province di Lecco, Sondrio, Monza e Brianza. La ricerca ha coinvolto circa 1.200 lavoratori under 35 e ha cercato di indagare a fondo le dinamiche organizzative, individuali e contestuali del loro lavoro di cura. Dopodiché una parte dei dati è stata osservata e discussa in quattro focus group tematici con le cooperative partecipanti. Il punto di partenza di quest’indagine è stata l’osservazione del livello di turnover in uscita dei lavoratori nelle 24 cooperative sociali del territorio dalle quali sono usciti nel 2022 ben 1.026 lavoratori sui complessivi 3.623, con un tasso negativo del 28,3%. Su ben tre cooperative il turnover ha addirittura superato il 50% del totale del personale.
Giovani più impazienti, ma l’insofferenza è generalizzata
I dati mostrano che le dimissioni non si contano solo tra i giovanissimi, anche se per questi ultimi la probabilità di uscita dal lavoro è molto più alta, tanto più se si considera che nel corso di un’annualità ha concluso il proprio rapporto di lavoro più di un giovane su tre. Ma non si tratta solo di precariato giovanile: poco più della metà degli under 35 usciti dalle cooperative sociali durante il 2022 ha infatti contratto un rapporto di lavoro a tempo determinato.
Tuttavia un significativo 44,8% si è dimesso volontariamente. A ciò si aggiunga che, anche di fronte alla proposta di rinnovo contrattuale a giovani con contratto a termine, almeno un terzo di loro non avrebbe comunque accettato l’offerta di un nuovo contratto in cooperativa.
Trovare lavoro altrove. Dove e perché
Nonostante per i giovani operatori sia difficile esprimere con certezza la propria volontà di restare o di lasciare la cooperativa, un significativo 19% esprime la propria visione del lavoro attuale come un’esperienza utile e funzionale a cercare poi un’occupazione migliore in un’altra organizzazione. Quel che rende attrattivo un nuovo posto di lavoro è legato sia alla forma contrattuale sia alla tipologia di impegno e di ente. I dati rivelano che il 41% dei lavoratori lascerebbe il posto attuale di fronte a offerte di lavoro che proponessero un migliore inquadramento in termini di mansioni e professionalità. Mentre un ulteriore 34% sarebbe attratto da contratti con diverso orario di lavoro o più stabili. Ma quel che emerge con forza è che quasi la metà dei giovani si dichiara disposta a lasciare la cooperativa per un contratto nella pubblica amministrazione o in enti pubblici attivi negli stessi settori di attività. Quest’ultima opzione sembra essere dovuta a un’eccessiva idealizzazione del posto pubblico, cosa piuttosto condivisa tra i giovani, i quali immaginano una retribuzione superiore, una maggiore stabilità contrattuale e, per alcune figure, anche un migliore inquadramento contrattuale o di ruolo.
Il buon salario, questa chimera…
Un’altra dimensione su cui l’indagine Euricse ha cercato di porre un focus è quella legata alla retribuzione, che è ritenuta dai giovani lavoratori come inadeguata in generale e soprattutto in rapporto alla propria formazione. Il livello di soddisfazione per la propria retribuzione raggiunge appena il punteggio di 4,5 su una scala di 10 punti. Il trattamento economico non è percepito comunque come un elemento di iniquità nelle politiche organizzative o dovuto a pratiche retributive che discriminano i lavoratori. A generare forte insoddisfazione è il tema del giusto riconoscimento e della valorizzazione del proprio lavoro, che si lega fortemente alla soddisfazione per la propria crescita personale e professionale, e che va a incidere anche sulla percezione del proprio operato. Il lavoro di cura è infatti per questi lavoratori un elemento rafforzativo della propria identità professionale e sociale e viene visto come un modo per acquisire conoscenze e sentirsi orgogliosi. I giovani riconoscono inoltre che il proprio lavoro è molto impegnativo dal punto di vista mentale ed emotivo, e lo esplicitano con punteggi prossimi a 8 su 10. Ma il carico di lavoro non è l’elemento determinante per l’uscita dei lavoratori. Piuttosto i giovani operatori sostengono che l’impegno emotivo e mentale andrebbe sostenuto da procedure organizzative in grado di controllare, aiutare e far sentire più coinvolti i lavoratori.
Lo spinoso tema della formazione e del coinvolgimento
Anche il tema della formazione agli operatori risulta molto rilevante. Da una parte il 15% di lavoratori si sente poco o inadeguatamente formato, sul fronte opposto il 20% si sente troppo formato, e si tratta prevalentemente di giovani con laurea magistrale o titolo postlaurea. Sui primi le cooperative dovrebbero agire con opportuni affiancamenti e percorsi formativi, mentre sulla categoria dei laureati, che rappresentano i lavoratori più a rischio di uscita, andrebbero trovati percorsi di carriera o incentivi in termini di coinvolgimento. Il tema del coinvolgimento e della corresponsabilizzazione dei lavoratori è dunque centrale nella pianificazione dei processi delle cooperative, se queste hanno intendono evitare di continuare a perdere per strada risorse importanti per la propria organizzazione. In sostanza i giovani sono più propensi a restare non solo quando si sentono più soddisfatti del lavoro in termini retributivi, ma anche quando percepiscono maggiormente che l’organizzazione assicura loro un ruolo e garantisce il benessere attraverso dispositivi organizzativi che rendono partecipi i lavoratori nel processo.