Un’indagine condotta dall’Università Bicocca di Milano mostra come l’uso anticipato di smartphone e social network influenzi negativamente i risultati scolastici negli adolescenti.
di Amar Bensaad
Che facesse distrarre i ragazzi nello studio, a casa e in classe, lo avevamo intuito un po’ tutti. Ma un conto è pensarlo e basta, un altro è riuscire a dimostrarlo con dati scientifici alla mano. Ed è quello che ha fatto l’Università Bicocca di Milano con il programma di ricerca Eyes Up, un grande progetto coordinato dal Dipartimento di Sociologia e Ricerca sociale e sostenuto dalla Fondazione Cariplo.
Eyes Up è l’acronimo di Early exposure to screens and unequal performance, è nato un anno fa e ha l’obiettivo di indagare la possibile correlazione fra l’esposizione precoce degli adolescenti agli strumenti digitali e il loro rendimento scolastico. Un tema sensibile su cui stanno emergendo con sempre maggiore frequenza indagini scientifiche che forniscono nuove interpretazioni e interessanti strumenti per affrontare i cambiamenti in atto nelle nuove generazioni. Lo studio longitudinale è stato condotto in diverse scuole lombarde secondarie ed è declinato su alcune dimensioni di ricerca che riguardano l’età alla quale gli adolescenti iniziano a usare smartphone e social media, nonché l’influenza sui risultati scolastici nel medio periodo. Ma soprattutto quanto l’esposizione precoce interagisca con la disparità di genere, le origini sociali e il background migratorio, generando un impatto importante sulle disuguaglianze educative. Il progetto di ricerca ha inoltre il compito di scoprire se l’abuso dei media digitali debba essere incluso all’interno delle scale di povertà educativa e soprattutto quali indicazioni possono emergere dai territori e dalle scuole per migliorare le politiche di intervento su questo problema emergente.
I ragazzi vanno male a scuola?
I risultati della ricerca contribuiranno a spiegare come lo smartphone e gli altri strumenti influenzano l’andamento nel tempo dei livelli di apprendimento di bambini e adolescenti. I dati raccolti su 6.609 studenti delle classi seconde e terze delle scuole medie delle province di Milano, Monza e Brianza, Brescia, Cremona e Mantova sono stati comparati ai risultati scolastici degli ultimi esami di terza media svolti dagli studenti dello scorso anno. E saranno inoltre messi in relazione con gli esiti delle prove Invalsi fornendo un quadro complessivo del livello di istruzione generale dei ragazzi interpellati. Ma l’indagine aiuterà anche a stimare il livello di consapevolezza e la percezione del problema da parte dei soggetti stessi, fornendo dati interessanti sull’interazione tra giovani e media digitali. I risultati dell’indagine di Eyes Up saranno quindi presto restituiti alle scuole e contribuiranno a definire nuovi approcci al tema attraverso attività di disseminazione a più livelli e la condivisione di esperienze, conoscenze e buone prassi.
Il campione interpellato e i dati più eclatanti
Le caratteristiche sociodemografiche del campione complessivo vedono un leggera prevalenza del genere femminile (53,8% contro il 46,2% di maschi) e indicano una ridotta percentuale (6,5%) di ragazzi nati in un Paese straniero, di cui il 45% arrivato in Italia in età prescolare e il 34% in preadolescenza/adolescenza. Infine il titolo di studio dei genitori è rappresentato per il 46,3% dal diploma e il 33,2% dalla laurea o master.
Dal campione emerge che l’età in cui si verifica il picco più alto di possesso dello smartphone e del conseguente accesso alle app social è quella degli 11 anni, vale a dire la prima media, con ben il 44.8% del campione. Tuttavia esiste una percentuale rilevante di ragazzi (il 19%) che lo possiede già dalla quinta elementare. Chi invece lo ha ricevuto in seconda media rappresenta circa il 14% del totale. Ma la cosa più interessante è il dato relativo all’età in cui i ragazzi accedono per la prima volta ai social network: la ricerca dice infatti che il 30% degli studenti apre il primo profilo social in prima media, cioè a 11 anni, con una percentuale che rimane elevata anche per le classi successive. Un dato piuttosto inquietante se si considera che a norma di legge il primo profilo social può essere aperto solo al compimento dei 14 anni. E qui emergono alcune doverose considerazioni che riguardano le responsabilità dei genitori, evidentemente troppo poco consapevoli o edotti sulle pericolose derive dell’uso precoce dello smartphone o semplicemente troppo conformisti.
La soddisfazione generale degli adolescenti
La ricerca ha il pregio di mettere in relazione la classe di apertura del primo profilo social e l’indice di soddisfazione per il rendimento scolastico da parte dei ragazzi. I ricercatori di Eyes Up hanno costruito un indice che valuta quanto gli studenti si sentano bene o male rispetto a diversi aspetti della loro vita, ed è emerso un sentimento di malessere generale che è strettamente legato ai risultati scolastici. E, tra tanti fattori, a incidere sui voti degli studenti c’è anche l’uso eccessivo dello smartphone. La continua stimolazione dovuta alle notifiche e alla comparsa di annunci pubblicitari riduce infatti il livello di attenzione e la concentrazione nello studio a casa e in classe. I ragazzi stessi sono consapevoli di questo problema e lo elicitano in modo chiarissimo in una delle domande finali, lasciata dai ricercatori volutamente in forma aperta, nella quale venivano richiesti suggerimenti o riflessioni coperti dall’anonimato. I commenti ricevuti sono stati più di 14mila e le risposte, interessantissime, sono andate ben oltre le semplici impressioni, dimostrando quanto sia forte la consapevolezza e la preoccupazione dei ragazzi per il tempo speso dietro allo smartphone, un oggetto del desiderio che sta invadendo con troppa insistenza le loro vite.
La vita reale vince ancora su tutto
La ricerca ha anche analizzato il livello di preferenza per attività online come il gaming, le chat, l’ascolto di musica, la visione di video e molto altro ancora, compreso anche il grado di soddisfazione per il tempo speso con la propria famiglia e con gli amici in carne e ossa, che rimangono ancora un’importante priorità per i ragazzi interpellati.
Una parte importante del questionario è infine dedicata al ruolo della scuola nell’educazione digitale, con una serie di domande su quanto spesso sia capitato che gli insegnanti abbiano suggerito come creare materiale su internet o consigliato come gestire al meglio il tempo speso navigando online. O ancora su come stimare l’affidabilità delle fonti web. Ebbene, in tutti i casi le risposte dei ragazzi denunciano una forte inadeguatezza del ruolo degli educatori, i quali raramente si sono cimentati in queste pratiche considerabili come attività di semplice educazione civica. E per tornare alle risposte aperte, forte e decisa è la richiesta dei ragazzi di una maggiore attenzione da parte di scuola e insegnanti verso la trattazione di questi argomenti, con più tempo dedicato a educare come sfruttare al meglio la tecnologia e tutelarsi dai suoi pericoli tramite corsi di educazione civica e lavori di gruppo.