Il report realizzato dall’Università di Pavia per Fondazione Cariplo rileva un aumento drammatico dei comportamenti autolesivi e suicidari tra i minorenni. E le ragazze sembrano essere i soggetti più a rischio.
di Amar Bensaad
Non sono buone le notizie che giungono dal tempestoso fronte “adolescenza”, una fascia di popolazione già violentemente colpita dalla pandemia che è ancora oggi costretta a leccarsi le ferite a distanza di anni. L’ultimo rapporto in ordine di tempo è quello proveniente dall’Università di Pavia con una ricerca commissionata da Fondazione Cariplo, relativa al disagio di ragazzi e ragazze fino ai 18 anni e prodotta sulla base degli accessi ai servizi territoriali della Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza. Dallo studio emerge un quadro inatteso e per molti versi angoscioso che mette in risalto la necessità di un cambiamento di prospettiva nell’osservare l’aumento dei disturbi neuropsichici. Un fenomeno ampiamente segnalato da tempo in tutto il mondo, così come la scarsa attenzione dedicata alla salute mentale e l’insufficiente risposta che utenti e famiglie ricevono dai servizi territoriali, ma che ora mostra un’accelerazione inusitata e necessita di soluzioni urgenti.
Un’analisi interdisciplinare
L’indagine dell’Università di Pavia è unica nel suo genere per via dell’ampiezza della popolazione interessata e perché include tutto l’ambito dei disturbi del neurosviluppo per quasi un decennio consentendo il confronto tra gli andamenti prepandemici, pandemici e postpandemici. Inoltre la ricerca, oltre a riguardare la Regione italiana che più di altre ha subito l’impatto della pandemia, è stata resa possibile dall’osservazione interdisciplinare di un gruppo di lavoro composto da biostatistici ed epidemiologi, neuropsichiatri infantili territoriali e ospedalieri e universitari. E questo rappresenta sicuramente un valore in più.
L’analisi dei dati effettuata dai ricercatori di Pavia, benché limitata agli accessi nel Servizio sanitario regionale per i disturbi del neurosviluppo, consente di desumere informazioni indirette sullo stato di salute mentale e sul benessere psicologico della popolazione adolescenziale che, unite a quanto già ampiamente pubblicato nella letteratura scientifica internazionale, mettono a disposizione informazioni importanti per la programmazione sanitaria e per la definizione di linee strategiche di prevenzione.
I dati più rilevanti della ricerca
Ma andiamo rapidamente ai dati più salienti della ricerca, che evidenziano un significativo andamento della prevalenza in base al genere tra epoca pre e postpandemica in tutti i flussi analizzati, con un’inversione tra genere maschile e femminile.
La prevalenza di soggetti con almeno una prescrizione psicofarmacologica era in aumento già in epoca prepandemica (+16%), presenta un lieve rallentamento in epoca pandemica (-1%) e ha un incremento marcato in epoca postpandemica (+31%), in modo particolare nel sesso femminile, che dal 2021 supera ampiamente il sesso maschile. Nel 2022, la prevalenza di utenti con almeno una prescrizione psicofarmacologica è del 9,48 per 1.000 nei maschi e del 10,92 per 1.000 nelle femmine. L’aumento è soprattutto a carico della prescrizione di antidepressivi e antipsicotici.
Per quanto riguarda invece gli accessi in Pronto soccorso per disturbi psichiatrici, i dati raccolti evidenziano un costante aumento della prevalenza tra il 2016 e il 2019 (+18%), un crollo nel 2020 (-46%) e una ripresa solo parziale nel 2022 (-14% rispetto al 2019). L’aumento della prevalenza appare più marcato per le femmine (9,71 per 1.000 nel 2022), e supera in modo evidente la prevalenza dei maschi (8,86 per 1.000).
Inserimento residenziale: trend elevatissimo al femminile
Infine la prevalenza di minorenni con un percorso in residenzialità terapeutica mostra un costante aumento sia pre che postpandemico, ma mentre prima della pandemia l’incremento aveva riguardato sia maschi (+67%) che femmine (+83%), a partire dagli anni postpandemici appare riguardare quasi esclusivamente le ragazze, che superano ampiamente in numerosità e prevalenza i maschi. Nel 2022, le ragazze con almeno un inserimento residenziale sono infatti 316 (contro le 85 del 2015), mentre i ragazzi sono 215 (contro i 110 del 2015). Stiamo parlando di trend di incremento elevatissimi che possono essere correlati a diversi fattori, tutti di difficile interpretazione. Può infatti trattarsi di una reale risposta differente all’impatto della pandemia sul genere femminile rispetto al maschile, ma anche di un’aumentata capacità di riconoscimento di disturbi che hanno caratteristiche diverse in base al genere, come ad esempio i disturbi dell’attenzione o quelli dello spettro autistico. Ma può anche discendere da una maggiore legittimazione dell’accesso per tutti i soggetti, e in particolare per quelli di sesso femminile avvenuta in epoca pandemica, così come dipendere dall’aumento di disturbi tipicamente a maggior prevalenza femminile, come i disturbi dell’alimentazione o la depressione.
La punta di un iceberg?
Resta il fatto che il 20% dei minorenni soffre di disturbi neuropsichici e che i comportamenti autolesivi o suicidari non sono considerati una diagnosi a sé stante ma una condizione transdiagnostica che influenza l’accesso ai servizi sanitari. Una causa di lesioni molto raramente compare infatti in prima diagnosi, e per poterla intercettare vanno ricercati in modo mirato in tutti i campi diagnostici i diversi codici che potrebbero essere utilizzati. Senza contare la tendenza dei clinici a essere molto conservativi con la codifica, evitando di attribuirla nelle situazioni nelle quali è presente il sospetto, ma non la certezza, soprattutto in ambiti non strettamente specialistici.
Per questi motivi l’ideazione suicidaria e i comportamenti autolesivi possono risultare fortemente sottostimati nei flussi amministrativi standard, ed è difficile valutare con certezza quanta parte degli incrementi registrati in anni recenti siano legati all’emersione di un sommerso che già esisteva e quanta invece a un aumento effettivo di tale sintomatologia. Proprio per questo è di particolare importanza poter analizzare per la prima volta i dati esistenti e iniziare a riflettere su di essi.