Un’indagine promossa dall’Istituto Superiore di Sanità ribalta il classico rapporto di causalità tra appartenenza socioeconomica e bullismo mostrando quanto i “problematici” si annidino spesso nelle famiglie più abbienti.

di Davide Monopoli

Ricordate la vecchia teoria del bullo di scuola che proviene sempre da una periferia povera e disagiata? Ebbene scordatevi tutto questo, i veri bulli provengono spesso e volentieri anche da famiglie ricche e di buona cultura. Un fenomeno, questo, non certo sconosciuto in passato, ma che ora trova sostanziale conferma in una ricerca ufficiale. I casi di bullismo sono infatti da sempre presenti sia fra i ragazzi di gruppi sociali svantaggiati sia fra quelli di ceti facoltosi, questo si sa da tempo. E le ragioni di tanta prepotenza vanno ricercate in una serie di motivazioni culturali che hanno più a che fare con l’abbandono educativo da parte degli adulti che con l’appartenenza a una precisa classe sociale. L’elemento che invece, in termini fenomenici, accomuna gruppi sociali tanto distanti è la celebrazione della violenza come strumento di affermazione sugli altri, insieme alla tipicità dell’aggressione perpetuata sempre in gruppo e alla scelta di una vittima isolata e debole, quindi più fragile e attaccabile. Un problema culturale, quindi, prima ancora che socioeconomico. Ma veniamo subito alla ricerca per comprenderne per sommi capi gli obiettivi e i risultati più eclatanti.

Le origini della ricerca

L’indagine è parte del più ampio progetto di sorveglianza dell’Hbsc, Health behaviour in school-aged children, lo studio internazionale sugli stili di vita dei ragazzi tra gli 11 e i 15 anni, che viene svolto ogni quattro anni in collaborazione con l’Organizzazione mondiale della sanità. Per quanto riguarda il nostro Paese, l’indagine viene condotta su tutte le Regioni d’Italia, è promossa dal ministero della Salute, in accordo con il ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca, ed è coordinata dalle Università di Torino, Siena e Padova. L’obiettivo è aumentare la conoscenza sui processi che incidono sulla salute e sul benessere degli adolescenti e orientare interventi mirati per promuovere politiche rivolte ai giovani che siano sempre più innovative ed efficaci, sia a livello nazionale sia internazionale.
I dati sono stati raccolti nel 2022 e hanno permesso di indagare, in particolare per il campione Hbsc-Italia, le scuole secondarie di I e II grado di tutte le Regioni italiane, per un totale di 6.388 classi campionate. Nell’indagine è stata inclusa anche una serie di domande riguardanti l’impatto che la pandemia ha avuto su vari aspetti della vita degli adolescenti, su quali sono state le loro principali fonti di informazione sul Covid-19 e sulle misure di protezione adottate dai ragazzi. La ricerca ha inoltre previsto per la prima volta l’aggiunta della fascia d’età dei 17enni a quelle consuete dei ragazzi di 11, 13 e 15 anni.

I risultati più significativi

La ricerca svolta da Hbsc-Italia e finanziata dall’Istituto Superiore di Sanità ha messo in luce che il nostro Paese non ha grandissimi problemi di bullismo o di cyberbullismo rispetto ad altri Stati europei, ma anche che il fenomeno va monitorato con attenzione e osservato con lenti e strumenti sempre più raffinati. In ogni caso, osservato nel suo complesso, il bullismo non è molto frequente tra i nostri adolescenti: coloro che dichiarano di non aver mai agito, o subito, atti di bullismo è infatti superiore all’85%. In quel restante 15% si annida tuttavia una serie di comportamenti che vanno distinti caso per caso, età per età.
Il fenomeno tende a essere più frequente tra i più giovani, vale a dire nella fascia d’età 11-13 anni, quella della scuola media. È qui che il numero di episodi di bullismo cresce maggiormente, specie tra le ragazze, le quali mostrano la percentuale più alta di bullismo subìto (19,4% tra le undicenni e 16,7% tra le tredicenni), con punte di più episodi alla settimana. Il bullismo tende poi a essere meno evidente, per entrambi i generi, via via che i giovani crescono, fino a diventare fenomeno marginale intorno ai 17 anni.
Osservando inoltre il trend del fenomeno in un arco temporale di tre diverse rilevazioni, e quindi di 12 anni, si nota una graduale diminuzione del bullying nei maschi di 11 anni, mentre sembra essere leggermente aumentato nelle ragazze della stessa età e in quelle più grandi, rimanendo invece piuttosto stabile nella fascia d’età dei 13enni.

Il Fas rivelatore di un disagio

Il pregio principale della ricerca è tuttavia quello di aver introdotto nelle sue rilevazioni un indice denominato “Fas”, Family affluence scale (scala di agiatezza familiare) che permette per la prima volta di incrociare il bullismo agito con alcuni indicatori del benessere economico della famiglia di provenienza, come ad esempio il numero di auto possedute, la presenza di un computer in casa o di una stanza singola per il giovane, oppure la possibilità di fare una o più vacanze all’anno o la disponibilità di altri beni e consumi.

Bullying

Ciò ha permesso di identificare la frequenza degli episodi di bullismo e di cyberbullismo nelle singole fasce d’età all’interno di tre diverse classi di benessere sociale costruite in base al Fas, mettendo in evidenza come il fenomeno sia in generale meno frequente tra i ragazzi più grandi e al tempo stesso abbastanza sovrapponibile tra le diverse categorie sociali.

Più bullismo tra i “ricchi e poveri” 11-15enni e tra i “ricchi” di 17 anni

Emergono tuttavia piccole differenze agli estremi del Fas: il bullismo è infatti maggiormente presente nella fascia di Fas meno agiato degli 11-15enni e in quella di Fas più agiato dei ragazzi più grandi. In particolare, nella fascia 11-15 di condizioni meno agiate il bullismo agito raggiunge il 15% mentre quello subìto il 16%, mentre nei ragazzi di pari età ma di condizioni più agiate il bullismo agito tocca il 16% mentre quello subìto riguarda il 15% del totale. Percentuali che si differenziano notevolmente dalla fascia Fas intermedia degli 11-15enni, dove il bullismo agito è inferiore, del 12%, e quello subìto non supera il 14%.
Tutti gli alti valori di bullismo registrati tra i ragazzi 11-15 si abbassano poi nella fascia dei 17enni, dove non esistono grandi differenze tra il Fas basso e quello intermedio ma tornano a salire invece gli indicatori del bullismo agito e subìto tra i ragazzi del Fas più benestante, pur restando ben al di sotto dei valori medi registrati tra gli 11-15enni. Ciò significa che nella fascia economica più abbiente si registra ancora, a 17 anni, un numero piuttosto alto di comportamenti violenti e prevaricatori.

Il bullismo attraverso le diverse Regioni

Per quanto riguarda infine la distribuzione del fenomeno nelle diverse Regioni la ricerca evidenzia che, anche se con piccole differenze tra un territorio e l’altro, il bullismo subìto non coinvolge mai più del 15-20% dei ragazzi più giovani e del 10% tra i più grandi. Emerge inoltre un leggero trend in riduzione tra le Regioni del Nord e in quelle del Centro-Sud, dove gli episodi sembrano essere minori. Il territorio con maggior percentuale di atti di bullismo è la provincia autonoma di Bolzano seguito da vicino da quella di Trento, mentre le Regioni con minor incidenza sono il Molise, la Toscana, la Campania, la Sardegna e l’Abruzzo.