Siamo sicuri che i nostri adolescenti, non più bambini ma non ancora adulti, stiano bene? E come riconoscere i segnali del loro disagio psicofisico? Ecco una veloce disanima dei problemi più attuali di una popolazione che sfugge troppo spesso a definizioni e statistiche.

di Davide Monopoli

Negli ultimi tempi ci si è accorti che la salute degli adolescenti è stata a lungo trascurata. Un atteggiamento forse basato sul convincimento che si tratta di un segmento di popolazione sano, il che è tendenzialmente vero, ma meno di quanto si pensasse. La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità ha ammesso che ai guadagni ottenuti con gli investimenti nei programmi per la salute materno-infantile non corrisponde un andamento simile nell’età adolescenziale: la riduzione della mortalità infantile cioè non è stata accompagnata da una riduzione della mortalità degli adolescenti di pari entità.
Naturalmente quando parliamo di salute, intendiamo uno stato di benessere complessivo, non meramente corporeo. L’adolescenza è cioè un’età complessa che si presenta come una velocissima transizione neurologica, fisica ed emotiva dall’infanzia all’età adulta in cui i giovani affrontano una serie di rischi: sono esposti a sostanze nocive come alcol, droghe e tabacco, violenza e incidenti stradali, malattie sessualmente trasmissibili, problemi di salute mentale come depressione, ansia, autolesionismo, abuso di sostanze, dipendenza da videogiochi, disturbi alimentari. Sono davvero tanti i fattori che possono minacciare i ragazzi e le ragazze adolescenti, eppure c’è sempre stata scarsissima attenzione verso le loro problematiche. Bisognerebbe invece dedicare interventi mirati alle necessità dei più giovani, anche in ottica di prevenzione.

Save the Children accende un faro sull’adolescenza

L’Atlante dell’infanzia (a rischio) in Italia 2022 realizzato da Save the Children rappresenta un’ottima antologia di studi e ricerche recenti sulla condizione in Italia di bambini e adolescenti. A quest’ultimi, alla loro salute mentale e fisica, l’Atlante dedica in effetti una corposa sezione. E soprattutto lancia un allarme: ci troviamo di fronte a una generazione dimenticata, verso cui mancano iniziative e servizi pensati ad hoc. Anche perché spesso non ci sono dati. I disturbi legati alla salute mentale, in particolare, stanno acquisendo un peso sempre più significativo tanto che in Europa il suicidio è la seconda causa di morte tra gli adolescenti dopo gli incidenti stradali.
Nel mondo più di un adolescente su sette tra i 10 e i 19 anni convive inoltre con un disturbo legato alla salute mentale, circa il 13% di ragazze e ragazzi di quella fascia d’età, ma a livello nazionale mancano dati certi sulla salute mentale dei più giovani. Eppure è un problema sempre più impellente che non ha fatto che peggiorare in epoca Covid con l’aumento dei casi di ansia, depressione, solitudine, stress, paura, tensione, rabbia, stanchezza, confusione e preoccupazione.
Secondo un’indagine condotta dalla Società Italiana di Pediatria tra marzo 2020 e marzo 2021 in nove Regioni italiane, i ricoveri per patologia neuropsichiatrica infantile hanno subìto un aumento del 39,5% rispetto al 2019. Psicosi e disturbi del comportamento alimentare sono risultate essere le prime due cause di accesso in pronto soccorso per patologia neuropsichiatrica. Per i ricoveri invece la principale causa è stata l’ideazione suicidaria seguita da depressione e disturbi della condotta alimentare.
Di fronte a questi bisogni crescenti non sempre la risposta da parte dei servizi pubblici è stata adeguata. Senza contare che le disuguaglianze socioeconomiche delle famiglie di provenienza hanno tracciato una netta separazione tra chi, non avendo risposta adeguata nel pubblico, si è potuto rivolgere al privato e chi non ha potuto accedervi rimanendo isolato.

Il pesante lascito del Covid

Ci sono tuttavia alcuni fattori positivi in questo quadro drammatico: il primo è che la pandemia sembra aver alleggerito lo stigma poiché ci si è sentiti legittimati a chiedere aiuto in una situazione oggettivamente difficile per tutti. In secondo luogo è avvenuto un ricorso allargato alla telemedicina che ha permesso ad alcuni ragazzi di rimanere in contatto con i servizi. Tuttavia il problema principale è che molti minori fanno fatica a tradurre i propri bisogni in richieste e spesso neanche sanno dell’esistenza di servizi che possano aiutarli.
Inevitabilmente, però, la pandemia ha aggravato alcuni disturbi già estremamente complessi come quelli legati al comportamento alimentare. Un articolo pubblicato su The Lancet Psychiatry conferma che l’emergenza sanitaria e i lockdown hanno avuto effetti negativi sulla salute mentale in generale, ma in particolare sulle persone che già soffrivano o erano a rischio di disturbi dell’alimentazione, in alcuni casi facendo emergere la malattia, in altri peggiorandone i sintomi.
Secondo alcune stime, globalmente, l’incidenza è aumentata di almeno il 15,5% nel 2020. In Italia, un’indagine basata sull’incrocio di diversi flussi informativi analizzati dal Consorzio interuniversitario Cineca, segnala che nel 2020 l’aumento delle nuove diagnosi sarebbe stato addirittura di quasi il 40% rispetto al 2019: nel primo semestre 2020 sono stati rilevati 230.458 nuovi casi contro i 163.547 del primo semestre dell’anno precedente.

Save the Children

Tutti i pazienti assistiti nel nostro Paese nel 2020 sarebbero 2.398.749, ma si considera che sia un dato sottostimato poiché c’è una grande quota di pazienti che non arriva alle cure. Molte persone non chiedono aiuto o perché negano il problema (è il caso dell’anoressia) o perché se ne vergognano (in particolare i bulimici). Inoltre il pregiudizio secondo cui questi disturbi siano una prerogativa delle famiglie benestanti ha fatto sì che si perdessero molte diagnosi. Si è visto infatti che si tratta di malattie che possono colpire trasversalmente la popolazione, ma che, come spesso accade, a essere curate sono le persone che appartengono a famiglie meno svantaggiate.

Non solo ossessione alimentare

Anche il fenomeno dell’hikikomori inizia a destare una certa preoccupazione nel nostro Paese. Sempre più giovani interrompono gli studi, si chiudono nella propria camera o abitazione e bloccano le relazioni con il mondo esterno per settimane o addirittura per mesi. In alcuni casi mantengono i contatti con amici e parenti attraverso internet e svolgono alcune attività all’interno del mondo digitale. Un ritiro sociale in piena regola, ma spesso confuso con l’abbandono scolastico. Per disambiguare efficacemente sarebbe importante attivare una collaborazione con le scuole attraverso lo sportello psicologico con l’obiettivo di capire come mai ci sono assenze prolungate e comprendere così un fenomeno che non ha niente a che fare con il non voler studiare.
Spesso il fenomeno dell’hikikomori si può legare anche ad altri tipi di disagio come l’uso di sostanze psicoattive e l’utilizzo eccessivo di internet. Sono oltre 350mila gli studenti che, nel 2021, hanno avuto un profilo di rischio per l’uso del web. È cresciuto sensibilmente anche il numero di studenti coinvolti in fenomeni legati al cyberbullismo sia per quanto riguarda le vittime, che arrivano al 46%, sia per quanto riguarda i cyberbulli (29%). Circa l’1% degli studenti ha accettato un invito a partecipare a prove o sfide online. La percentuale triplica se si considerano coloro che hanno ricevuto l’invito.

Più alcol e più fumo

Ma soprattutto sono in crescita, in particolare tra le ragazze, i consumi di alcol e fumo. Per l’uso di alcol si osservano per la prima volta prevalenze superiori tra le studentesse. In generale, oltre mezzo milione di studenti (21%), nel corso del 2021 ha consumato bevande alcoliche fino al punto di barcollare, non riuscire a parlare correttamente, vomitare o dimenticare l’accaduto e per circa 15mila ragazzi è stato un comportamento frequente. Anche l’Indagine conoscitiva sulle dipendenze patologiche diffuse tra i giovani dell’Istat mostra un andamento simile con un consumo di alcol più alto tra le ragazze. I dati sul “consumo di alcol a rischio” tra gli adolescenti 14-17enni mostrano un aumento tra le ragazze dal 2019 al 2020 (dal 27 al 30%), mentre tra i ragazzi si registrava un lieve calo. Nel 2021, tuttavia scende al 22% la quota delle ragazze e al 25,5% quella dei ragazzi. Sempre nel 2021, Istat stima che i ragazzi 16-17enni che bevono alcol tutti i giorni siano l’1,3% mentre solo lo 0,2% delle coetanee consuma alcol ogni giorno.

Bambini e adolescenti: il sistema sanitario quasi li ignora

L’emergere di tutte queste problematiche riguardo alla popolazione giovanile ci conduce a chiederci quanto sia davvero garantito il diritto alla salute e l’accesso alle cure. Di certo la pandemia ha sottoposto il sistema sanitario a un drammatico stress-test che ha fatto esplodere criticità stratificate negli anni, divari territoriali, modelli di intervento inefficaci e inattuali. Insomma, anche il nostro servizio sanitario, che pure è uno dei più inclusivi al mondo, è al limite della tenuta.
Nell’ultimo decennio e fino al 2019 (negli anni della pandemia ci sono stati ingenti investimenti destinati soprattutto alla lotta al Covid), l’Italia ha dedicato all’assistenza sanitaria una quota di Pil decrescente e inferiore alla media europea, mentre è andata ad aumentare la spesa a carico delle famiglie. E anche le risorse investite nell’assistenza ospedaliera sono solo in piccola parte dedicate ai bambini e adolescenti, soggetti che innegabilmente hanno per natura minor bisogno di cure in ospedale. Se la quota dei minorenni sull’intera popolazione è pari al 15,6%, la quota di spesa ospedaliera a loro destinata è solo il 6%. Viste le gravi carenze in alcune Regioni italiane, e dato che già si risparmia molto su questa fascia d’età, è forse arrivato il momento di investire di più su tutta l’assistenza pediatrica soprattutto nei territori più carenti, partendo dal Sud.
Oltre a rafforzare il complesso sistema di tutela e assistenza ospedaliera per i minorenni, occorre intervenire subito sul sistema di prevenzione e sull’assistenza territoriale integrata con i pediatri di libera scelta, investendo anche sulla transizione digitale del sistema e sui sistemi informativi relativi ai pazienti under-18.