Disinibiti, fumatori, bevitori ma anche tremendamente soli. I figli di genitori meno maturi anagraficamente mostrano disagio e comportamenti a rischio in misura maggiore rispetto agli altri, come emerge dall’indagine della Fondazione Foresta di Padova.

di Amar Bensaad

L’adolescenza non è soltanto l’età della crisi e dei conflitti ma è il periodo in cui i ragazzi iniziano a governare le prime relazioni affettive e a sperimentare l’autonomia, ottenendo maggiore indipendenza dai propri genitori. L’obiettivo, ancora sfumato e immaturo, è quello di “sentirsi grandi” e riuscire a imitare le pose e gli atteggiamenti degli adulti, in un processo di apprendimento a tappe forzate che non ammette tentennamenti o esitazioni, pena l’esclusione dal gruppo. Un percorso che provoca spesso un’anticipazione di molte esperienze di vita e che si accompagna solitamente alla trasgressione delle regole e all’adozione di comportamenti a rischio.
Sul dibattutissimo argomento del “risky behaviour” è importante segnalare la ricerca appena svolta dalla Fondazione Foresta Onlus di Padova all’interno del progetto “Prevenzione scuole” sul tema della percezione e del vissuto della propria sessualità. La fondazione ha distribuito un questionario a oltre 4mila studenti e studentesse di diciotto anni provenienti da scuole superiori di differenti Regioni d’Italia e ha raccolto risultati che superano il tema della sessualità e della prevenzione delle malattie veneree ed entrano nelle dinamiche di costruzione dell’identità sociale dei ragazzi e dell’influenza culturale delle loro famiglie d’origine.

I comportamenti a rischio

Alcuni giovani assumono comportamenti devianti di trasgressione sociale che possono mettere in pericolo la sfera fisica, psicologica e sociale sia a breve sia a lungo termine, sfiorando anche disagi assai più gravi. Si parte da comportamenti alimentari disfunzionali, passando per la dispersione scolastica e l’isolamento di tipo sociale, fino ad arrivare alla dipendenza dal cyber sex, dal gioco o dalle sostanze stupefacenti. Va da sé che alcune di queste azioni pericolose vengono intraprese con gli altri per ottenere riconoscimento e popolarità dal gruppo e quindi per rafforzare la propria identità. Ma molto spesso questi comportamenti al limite servono anche a testare le reazioni di genitori e insegnanti per vedere fino a che punto si può arrivare nel trasgredire limiti e divieti.
La ricerca della fondazione padovana ha fatto emergere come le forme di trasgressione aumentino laddove l’età dei genitori è più bassa. Focalizzando l’indagine su un cluster specifico sui 528 giovani che hanno dichiarato di avere genitori under 40 o genitori over 60, è emerso che i comportamenti variano sensibilmente e la polarizzazione del rischio cambia in base al contesto familiare, considerato generalmente più permissivo tra i genitori giovani, considerati come “amici”, e più severo tra i genitori più anziani della generazione precedente.

Alcuni dati a confronto

Il confronto operato dalla ricerca ha interessato il comportamento dei genitori e, in parallelo, quello dei figli, mostrando come la prima dinamica influenzi la seconda. Laddove i genitori-amici fumano di più (19,6%, contro il 6,3% degli over 60) anche i loro figli saranno fumatori (39,7% contro il 33,2%), con una media di più di 7 sigarette al giorno. Lo stesso meccanismo è riscontrabile nell’attitudine al bere alcolici: l’età media della prima bevuta è più bassa nelle famiglie di genitori giovani, 14,9 anni contro i 15,4 dei figli di over 60. Ancora più grave è la percezione del senso di solitudine, che coinvolge maggiormente i figli di genitori giovani: ben il 15,5% dichiara di sentirsi “sempre” solo contro il 7,2%. La ricerca ipotizza che questo fenomeno possa essere correlato al maggior numero di genitori divorziati appartenenti al primo gruppo, 29% contro 14% degli over 60, anche se questo dato è difficilmente ponderabile.

Per quanto concerne la sfera della sessualità, i figli di genitori giovani hanno avuto più spesso una diagnosi di malattie sessualmente trasmissibili (4,6% contro 1,8%), sintomo di una sessualità più libera ma anche meno sicura, e hanno usato in maniera maggiore la pillola del giorno dopo nella misura del 13,9% contro 9,6%. Inoltre praticano il sexting, cioè inviano messaggi e immagini a sfondo sessuale, in modo più compulsivo, raggiungendo il 44,8% del totale contro il 31,4% dei figli di over 60.

I due profili di genitore

Stando ai dati raccolti, vengono messi a confronto due tipologie di profili generazionali: il primo è quello dei cosiddetti “genitori amici” che hanno avuto figli molto precocemente, intorno ai vent’anni d’età, e che rappresentano il 27,8% del campione. Il secondo è il profilo dei “genitori anziani” che hanno avuto figli verso i quarant’anni e che hanno oggi un’età intorno o superiore ai 60 anni (14,1% del campione). Ebbene lo studio mette pesantemente in discussione il modello del “genitore-amico” che ascolta la stessa musica e si veste, parla e fruisce di consumi esattamente come il figlio. E che quindi non gli consente di introiettare le corrette norme morali e maggiormente inibitive dei comportamenti pericolosi. Il “genitore anziano” inciderebbe invece in senso positivo nei comportamenti sregolati, come il bere, il fumare e il vivere in modo promiscuo la propria sessualità modulando meglio un insieme di condotte che possiamo definire “educative”.
La denuncia della ricerca della Fondazione Foresta è quindi quella di una profonda incapacità da parte dei genitori troppo giovani di svolgere la propria funzione educativa, offrendo modelli deboli, confusi e contrastanti. I figli imitano infatti il comportamento dei genitori, che rappresentano la loro primaria guida nel mondo, e il fatto di mostrarsi loro amico prima ancora che padre o madre non li aiuta certo a sentirsi meno fragili, angosciati e soli. Tuttavia l’indagine della fondazione padovana non si addentra, e non era certo il suo focus dichiarato, nella definizione di quali fattori culturali e socioeconomici concorrano a determinare queste lacune educative nei genitori più giovani. E questo sarebbe un grande merito in una futura release della ricerca. Un contesto familiare caratterizzato da molti problemi potrebbe infatti essere all’origine di queste carenze educative, considerando che avere figli intorno ai vent’anni compromette seriamente il percorso di vita di qualunque genitore, indipendentemente dallo status socioeconomico, oltre a essere un chiaro indizio di disagio sociale pregresso.