Spesso l’immaturità psicologica si intreccia a pose troppo mature e disinibite, con esiti davvero nefasti per lo sviluppo del minore. Ma come si è arrivati a questa situazione? Il percorso è lungo, scopriamolo insieme.

di Amar Bensaad

Alcuni atteggiamenti sessuali negli adolescenti e nei preadolescenti indicano qualcosa di più di una semplice curiosità verso l’erotismo e talvolta possono preoccupare genitori e insegnanti. Un segnale d’allarme che spesso viene sottovalutato ma che è l’indice di un malessere nascosto, di una consuetudine che si sottrae sempre più al giudizio clinico perché è ormai entrata a far parte del sentire comune.
A complicare il quadro già complesso ci si è messo anche il Covid con le sue restrizioni e prescrizioni, rendendo la sessualità degli adolescenti e il loro “senso del corpo” ancora più densi e compressi.
È inoltre interessante osservare quali cambiamenti nei comportamenti si stiano realizzando in questo lungo periodo di pandemia, che ha comportato, soprattutto nei ragazzi, l’ingresso inatteso in un sistema di privazioni che riguardano soprattutto la sfera erotica.

Il dramma degli abusi sessuali

Ma andiamo con ordine, partendo proprio dalle fonti di maggior allarme. Cominciamo quindi dai dati forniti da Telefono Azzurro, che ogni anno snocciola statistiche inquietanti sugli abusi sessuali sui minori. L’ultimo report relativo all’attività del 2019 restituisce una realtà indubbiamente preoccupante: sono aumentate percentualmente, rispetto all’anno precedente, le segnalazioni sull’abuso sessuale offline, passando dal 67,9% del 2018 al 70,5% nel 2019. Per quanto riguarda le situazioni di abuso avvenute invece in rete, emerge un significativo aumento dell’adescamento online (9,6% nel 2019 contro il 6% nel 2018). La maggior parte delle vittime ha meno di 10 anni (47% dei casi), il 26% è compreso nella fascia di età 11-14 e il 27% ha dai 15 ai 17 anni, mentre il 74% delle vittime sono bambine. E, analogamente al 2018, il responsabile dell’abuso è un membro della famiglia in più della metà dei casi, ben il 62%.
Questi dati sono estremamente preoccupanti ma, nella loro sinteticità quantitativa, non ci possono aiutare a dipanare il livello di realtà più stratificato e importante, che è quello culturale. Cioè quel sistema di condivisione di saperi, norme e pratiche che ha portato nel corso del tempo a una diffusa precocizzazione dei comportamenti sessuali degli adolescenti e, di riflesso, a un’emersione dei disturbi pedofilici.
Si tratta di un’anticipazione delle esperienze di “passaggio” che non comporta necessariamente un abbassamento dell’età del primo rapporto, come confermano anche studi recenti. Ma che sicuramente espone il preadolescente e l’adolescente a esperienze cruciali per le quali non è ancora pronto. E che sicuramente lasceranno dietro di sé angosce e traumi più o meno consapevoli.

La pedofilia culturale

Sono tantissimi gli autori che si sono spesi nel comprendere questi precoci comportamenti erotico-sessuali dei bambini partendo da interpretazioni “culturali”. La maggior parte di essi ha scorto nella diffusione della pornografia, soprattutto di quella online, una delle cause principali dell’aumento di questa problematica. La facilità di accedere a video porno in rete, spesso molto intensi, insieme alla mancanza di spirito critico nei confronti di scene con troppi livelli di verità da interpretare, rappresentano infatti esperienze troppo grandi per coscienze così acerbe. E in tutto questo certamente non aiutano i richiami morbosi della pubblicità e dei media, accusati periodicamente di rappresentare bimbi e bimbe con tipizzazioni sempre più erotizzate e con età sempre più bassa.

Piccoli adulti crescono

Quello che emerge è quindi un paradigma culturale dominato da immagini di bambini molto sessualizzati mentre si cimentano in pose adulte. Un fenomeno che ha portato alcuni osservatori a parlare di una “pedofilia culturale” sempre più diffusa e diventata ormai fenomeno di costume. Il rischio, affermano costoro, è che in questa sessualità disinibita ma priva di vera intimità, e quindi di vere emozioni, i ragazzi corrano il rischio di sperimentare il sesso come una ripetizione di copioni visti online, e null’altro. Finendo così per desensibilizzare un percorso che invece dovrebbe essere ricco di attese e di significati. Quindi senza comprendere il profondo insegnamento che la sessualità offre nella vita di ogni essere umano.

Adultizzazione: è questo il vero problema?

Spesso le statistiche osservano freddamente il dato quantitativo restituendo scenari drammatici, certamente facili da masticare ma del tutto privi di indicazioni efficaci. E così, troppo concentrati a guardare il dito, non ci si accorge della vastità della luna, rinunciando così a interpretare la complessità delle cose che si hanno sotto gli occhi. E questo è forse ciò che succede quando gli esperti vogliono interpretare il dramma della pedofilia o quello del lolitismo, due dolorose manifestazioni simmetriche di un fenomeno che ha a che fare più con gli aspetti della puericoltura e dell’attenzione genitoriale, se proprio si vuole andare a cercare una dimensione “culturale”.
È quindi sbagliato cadere nella trappola di credere che la comunicazione sia la principale responsabile di questo processo di precocizzazione dei comportamenti sessuali, fenomeno che anticipa e intercetta quello della pedofilia. E forse la pubblicità non fa altro che formalizzare qualcosa che è già ben presente nella società, magari in misura non ancora conclamata, ma in modo già piuttosto evidente e diffuso. Insomma, il problema della pedofilia culturale si rafforza sicuramente con l’advertising e la comunicazione, ma i media non rappresentano certamente il germe del problema.
Emerge invece in maniera sempre più manifesta che l’adultizzazione e la sessualizzazione del corpo dei bambini è alimentata non tanto dai media, quanto da genitori, precettori e insegnanti. E se è vero che sono migliaia le aziende che studiano come parlare ai più giovani per indurli a fruire di nuovi consumi e a interpretare pose mature, è altrettanto vero che sono sempre gli adulti a “sdoganare” per primi questi comportamenti precoci tra le mura domestiche.

Quando l’adultizzazione diventa la regola

In questa prospettiva è evidente che il processo di adultizzazione dei bambini è ormai estremamente avanzato, anche se poco consapevole. È apparentemente inesistente nell’universo “culturale” dei maschietti, dove facilmente si scorge il piccolo talento del calcio, il minuscolo prodigio che mostra i muscoli già modellati, l’atleta dalle pose consumate ecc.
Lo stesso fenomeno diventa invece assai più evidente quando a immergersi nelle pose “da grandi” sono le femminucce, incoraggiate a interpretare i canoni femminili della madre.
Se esiste davvero un nesso culturale, va quindi cercato e sondato nei rapporti famigliari, e in particolare in quelli genitoriali, dove è facilissimo imbattersi in adulti che indirizzano i propri figli verso gusti, scelte e comportamenti che celano (e neanche tanto bene) le loro frustrazioni e desideri di riscatto.