Hikikomori significa in giapponese “stare in disparte” ed è una grave forma di ritiro sociale che si verifica tra bambini, adolescenti e adulti sotto i 30 anni. Un fenomeno individuato dapprima in Giappone, ma è presente anche in Italia, dove forse è ancora sottostimato.

di Amar Bensaad

Esistono ragazzi che senza un apparente motivo si chiudono nella loro stanza. Chi per incapacità di affrontare il mondo, chi per esprimere la propria rabbia. C’è chi lo fa per mesi, chi per anni. Per alcuni la clausura è totale, per altri parziale. Si tratta di una condizione che colpisce in particolare i giovani e i giovanissimi e che è riassunta nel termine “hikikomori”, espressione giapponese che deriva dal verbo hiku (tirare indietro) e komoru (ritirarsi), coniata negli anni Ottanta per indicare un fenomeno diffusosi in Giappone all’incirca negli anni Settanta.
Il neologismo si riferisce a coloro che hanno scelto appunto di ritirarsi dalla vita sociale. Queste persone cercano cioè livelli estremi di isolamento e confinamento a causa di vari fattori personali e sociali legati alle proprie vite. Il fenomeno è stato individuato dapprima in Giappone, dove dagli anni 2000 è diventato una criticità sociale di rilievo tanto che il Ministero della Salute giapponese, a partire dalla descrizione dettagliata operata dallo psichiatra Saito nel 1998, ha cercato di definirlo individuando come hikikomori coloro che si rifiutano di lasciare le proprie abitazioni e lì si isolano per un periodo non inferiore ai sei mesi.

Alcuni dati

Secondo il Ministero ben il 20% degli adolescenti giapponesi maschi sarebbero hikikomori. I tratti caratteristici degli hikikomori, legati alla cultura giapponese, sono la passione per il mondo manga, il rimpiazzo dei rapporti sociali diretti con quelli mediati via internet (per esempio chat), un utilizzo travolgente delle nuove tecnologie, lo sfaldamento progressivo dei rapporti relazionali di riferimento, come la famiglia.
Non essendo ancora riconosciuto formalmente come un disturbo da parte del Dsm-5, l’hikikomori è stato studiato più che altro come un fenomeno psicosociologico, anche se negli ultimi anni sono aumentate le ricerche e sono stati sviluppati alcuni test psicometrici con l’obiettivo di individuare meglio il disturbo e favorirne la diagnosi.

Il Giappone e la sua vocazione imperiale insostenibile

Naturalmente un fenomeno del genere è multifattoriale ed esige un approccio su più livelli. Da un punto di vista strettamente sociologico la diffusione di questo disagio tra i giovani giapponesi va legato a un particolare sistema culturale, basato sul confucianesimo, e a un atteggiamento di anomia sociale e di rigetto delle severe regole morali e sociali, che tuttavia hanno rappresentato in passato un collante formidabile in grado di rendere un piccolo arcipelago una vera e propria potenza globale.
Questi giovani, dunque, pressati dai valori sociali fondati sull’estremo perfezionismo e sulla tendenza a voler sempre primeggiare sia a scuola sia al lavoro, non si sentono all’altezza degli standard richiesti e preferiscono rinchiudersi in casa per evitare di affrontare una realtà quotidiana che giudicano opprimente.

Alto livello socioeconomico

Il fatto che in Giappone la maggior parte degli hikikomori provenga da famiglie benestanti e con un alto grado di scolarizzazione rinforza inoltre l’idea che la pressione sociale comporterebbe un “dovere morale” a raggiungere gli stessi risultati dei genitori, rispondendo alle loro alte aspettative.
Un’ipotesi complementare a questa è che il confucianesimo, in versione giapponese, ridimensiona l’individuo e favorisce il conformismo sociale per assicurare la stabilità in una società fortemente gerarchizzata. Di conseguenza la reputazione, i cerimoniali e le apparenze esteriori sono di fondamentale importanza. E perciò l’opposizione giovanile e la ribellione adolescenziale che in altre culture esplodono in fenomeni “rumorosi” in Giappone divengono forme di proteste silenziose. A questo punto può essere facile smettere di confidare in un’affermazione sociale inattendibile. È meglio lasciarsi andare senza combattere, né credere, né desiderare.

Un fenomeno trasversale difficile da circoscrivere

Da un punto di vista psicologico, ovviamente, questa condizione va allacciata a variabili familiari legate a relazioni disfunzionali e alla copresenza di disturbi psicopatologici, come la depressione.
Molti hikikomori raccontano di non sentirsi compresi dai coetanei e dagli adulti, oppure di aver subìto episodi di bullismo e altre forme di violenza. Semplificando parecchio, si potrebbe dire che gli hikikomori si allontanano da situazioni di sofferenza di vario tipo, trovando sollievo nella solitudine e nell’isolamento. Il ritiro sociale è talvolta collegato anche a un grande spirito critico verso la società, che può accentuare l’insofferenza, la rabbia o comunque la sfiducia nei confronti delle dinamiche sociali.
Negli ultimi decenni il fenomeno è stato osservato anche in altre società economicamente avanzate con tratti culturali simili a quelli del Giappone, come la Corea del Sud, Hong Kong e alcuni Paesi europei, Italia compresa. Tuttavia non si è ancora giunti a stimare la prevalenza e il grado di rilevanza del fenomeno nelle culture non giapponesi.

Assenza di unanimità interpretativa

Quello che è certo è che il disinvestimento dei giovani verso la vita sociale e lavorativa, anche se non esattamente analogo all’hikikomori, è stato riscontrato anche in alcuni Paesi occidentali: nel Regno Unito, si utilizza la sigla Neet (not in employment, education or training) per indicare i giovani non impegnati in attività lavorative o educative. Negli Stati Uniti si ricorre al termine “adultoscelent” per designare quei giovani adulti che ancora vivono con i loro genitori e che non sembrano avviarsi a una vita indipendente dalla famiglia. In generale però è stata evidenziata una mancanza di criteri clinici specifici nella descrizione del disturbo e gli studi condotti hanno spesso usato campioni non rappresentativi e ricerche poco rigorose dal punto di vista metodologico.

Inizi di categorizzazione clinica

Sono tuttavia stati categorizzati alcuni fattori clinici, psicologici, familiari e sociali che guidano a questo specifico tipo di comportamento. In particolare, i fattori relativi alla struttura famigliare si sono rivelati determinanti. I fattori extrafamiliari riguardano invece il sistema educativo e scolastico, mentre per quanto concerne la vita sociale è stato trovato che i valori e le aspettative dei giovani sono correlati positivamente con il comportamento di ritiro sociale.
In genere gli hikikomori presentano alcune caratteristiche comuni. Nonostante sia un disturbo variegato sembra essere predominante in soggetti tra i 14 e i 30 anni, dall’estrazione medio-alta, di genere maschile (nel 90% dei casi). Di solito si tratta di figli unici con genitori laureati.
E invariabilmente manifestano un completo e totale rifiuto di una qualunque tipologia di rapporti interpersonali, non solo esterni ma anche all’interno del proprio nucleo familiare.

hikikomori

Spesso gli hikikomori mostrano alterazione dei ritmi circadiani e un disagio psichico può essere espresso anche in maniera aggressiva. Inoltre uno studio recente ha dimostrato come l’hikikomori sia associato a un elevato rischio di suicidio. Gli autori confermano che le persone hikikomori hanno più probabilità di essere maschi, hanno una storia di abbandono scolastico e hanno precedenti trattamenti psichiatrici.

Il web non c’entra

Da sfatare convintamente, invece, quello che molti psichiatri e psicoterapeuti hanno sostenuto anche recentemente e cioè il nesso tra hikikomori e le cosiddette “internet addictions”.
Parecchi studi del passato, è vero, hanno trovato che i giovani che usano il web, la tv o i videogames per molte ore al giorno, nascondano preoccupanti segnali di rischio per lo sviluppo di varie psicopatologie. C’è stata quindi la tentazione di associare hikikomori all’internet addiction, ma i più recenti studi mostrano che solo nel 10% dei casi è stato riscontrato anche questo tipo di dipendenza.
In realtà al momento è stata trovata solo una correlazione tra i comportamenti di ritiro sociale e alcuni sintomi dell’internet addiction, ma ancora non è stato condotto uno studio che permetta di stabilire davvero una relazione causale tra i due fattori. La dipendenza da internet rappresenterebbe piuttosto una possibile conseguenza dell’isolamento, non una sua causa.

L’abbandono scolastico anticipa e accelera il ritiro sociale

L’hikikomori sembra non essere una sindrome culturale esclusivamente giapponese, come si riteneva all’inizio, ma un disagio adattivo sociale che riguarda tutti i Paesi economicamente sviluppati del mondo.
In Italia non ci sono ancora dati ufficiali, solo testimonianze riportate da psicologi. È emerso però che nel nostro Paese, a differenza del Giappone, il momento in cui inizia l’isolamento è quello degli anni delle scuole medie e superiori. Per questo è stato collegato in maniera allarmante all’abbandono scolastico e al periodo delicato di formazione dell’adolescenza. Ecco perché gli esperti individuano proprio nella scuola il luogo ideale su cui lavorare.
Negli ultimi anni sono nate varie iniziative di questo tipo e per la prima volta nel 2019 il Ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca ha condiviso un documento che delinea strategie, approcci e strumenti per individuare e prevenire il ritiro sociale grave. Nel documento si legge a chiare lettere che il disagio di origine sociale, soprattutto quello legato al contesto scolastico, è un fattore determinante nella scelta di isolamento del soggetto: la scuola viene vissuta in maniera particolarmente negativa a causa delle forti pressioni di realizzazione sociale generate dalla competizione nel confronto con i pari, talvolta esacerbata da episodi di bullismo più o meno gravi.
L’abbandono scolastico diventa quindi una delle prime azioni intraprese dall’hikikomori. È qualcosa quindi che va seriamente attenzionato dalle istituzioni per non trovarsi a gestire, nei prossimi decenni, azioni di previdenza e sostegno per un’emergenza sociale simile a quella del Giappone, che conta oggi un milione di persone hikikomori, di cui molte già over 50.