Sono piuttosto pesanti le ricadute della pandemia sulla salute psichica degli adolescenti. Lo dimostra una splendida ricerca dell’Università degli Studi di Palermo che ha suscitato grande interesse in ambito accademico.

di Cristina Audagna

Molto è stato detto sui pericoli generati dalla pandemia sulla popolazione anziana, ritenuta a ragione la più sensibile ai rischi di isolamento sociale, oltre alle ovvie e drammatiche ricadute di tipo sanitario. Ma sono pochissimi finora gli studi che hanno approfondito il comportamento degli adolescenti, colpiti in questi mesi da un blocco relazionale estremamente restrittivo e del tutto imprevisto. E anche se bambini e adolescenti sono soggetti la cui salute è a basso rischio per il Covid, rappresentano tuttavia la popolazione che, più di altre, ha dovuto affrontare una realtà carica di ansie, paure e incertezze.

Una popolazione particolare

Lo studio (Anxiety in older adolescents at the time of Covid-19 di Gioacchino Lavanco e Daniela Smirni del Dipartimento di Scienze Psicologiche e Pedagogiche dell’Università degli Studi di Palermo, e Pietro Smirni del Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università degli Studi di Catania), ha indagato proprio lo stato d’ansia e la consapevolezza emotiva in un campione di adolescenti sani, 84 femmine e 64 maschi, tra i 17 e i 19 anni, durante il blocco della pandemia. La scelta di un gruppo di età intorno ai 18 anni è stata fatta proprio per minimizzare eventuali alti livelli di ansia ed evitare una bassa consapevolezza emotiva tipici della giovane adolescenza.
L’indagine ha utilizzato la Self-Rating Anxiety Scale e l’Italian Emotion Awareness Questionnaire e ha riscontrato una sintomatologia ansiosa inattesa che interessa l’ansia e il dominio ideo-affettivo, mentre la sintomatologia somatica è apparsa meno grave.
I sintomi ansiosi più elevati erano le difficoltà respiratorie. L’item delle difficoltà respiratorie in precedenti studi su pazienti con disturbi d’ansia registra punteggi molto simili a quelli riscontrati negli adolescenti studiati. È interessante sottolineare come sia ampiamente condiviso che il respiro rappresenti il veicolo principale per la trasmissione dei virus, e come il coronavirus colpisca principalmente le funzioni respiratorie. Come sottolineano gli autori, è quindi molto comprensibile che un’alta percentuale di lamentele del campione riguardi il non poter “inspirare ed espirare facilmente”. Inoltre i ritmi di respirazione cambiano in funzione dello stress emotivo. L’ansia, lo stress o il panico aumentano il ritmo respiratorio e la quantità d’aria nei polmoni con conseguente sensazione di mancanza di respiro.
Allo stesso modo, gli item che si riferiscono al disturbo del sonno, all’ansia, al panico e all’aspettativa negativa del futuro hanno raggiunto punteggi medi piuttosto elevati. Il sonno è una delle grandi funzioni sensibili all’ansia. Così come le aspettative catastrofiche del futuro, l’irrequietezza e il sentirsi nervosi, sono espressioni sintomatiche dell’ansia attraverso le vie motorie e neurovegetative.

Relazioni destabilizzate per lungo tempo

Il Coronavirus non porta solo morte a breve termine, ma destabilizza anche i modelli di comportamento a lungo termine. Il rischio e la paura del contagio hanno modificato i modelli produttivi, le politiche occupazionali, le relazioni sociali e interpersonali, le abitudini del tempo libero, i sistemi di istruzione e formazione e ogni repertorio comportamentale consolidato, soprattutto per i più giovani.
Il futuro complessivo diventa quindi nebuloso, confuso, incerto e angosciante. Si sviluppa una fenomenologia ansiosa che interessa l’ansia e la dimensione ideo-affettiva, mentre la sintomatologia somatica, come svenimenti, tremori, vertigini e parestesie, appare meno grave.
Anche il punteggio totale di consapevolezza emotiva ha raggiunto livelli alti mostrando quindi valide capacità emotive nel campione. Nella visione qualitativa, “Attenzione alle emozioni degli altri” e “Analisi delle proprie emozioni” sono state le due sottoscale con i punteggi più alti. I partecipanti considerano importante conoscere, analizzare, capire e occuparsi delle emozioni degli altri, così come delle proprie, sia in condizioni normali che problematiche (per esempio, “se un amico è turbato”).

Adolescenti pandemia

Al contrario, i ragazzi interpellati si sono autovalutati come meno disposti a condividere verbalmente le proprie emozioni con gli altri, e hanno mostrato difficoltà a spiegare le emozioni, cioè “a parlare con qualcuno di come mi sento”, ritenendo, per esempio, che “quando sto male, non sono affari di nessun altro”. Da un lato, quindi, c’era apertura e disponibilità a valutare e comprendere le emozioni degli altri e le proprie, dall’altro, ma sostanzialmente assai meno disponibilità a condividere le proprie emozioni con gli altri.

Più ansiose le ragazze

Nell’analisi correlazionale, l’ansia e i punteggi complessivi di consapevolezza emotiva sono apparsi come due variabili non correlate. Pertanto l’ansia osservata nello studio non sembrava associata alla consapevolezza e alla gestione delle emozioni.
Ciò ha confermato la presenza della cosiddetta “ansia di stato”, che si verifica temporaneamente in una particolare condizione storica e transitoria. I ricercatori avanzano dunque l’ipotesi che l’epidemia promuova un aumento diffuso dell’ansia, anche negli adolescenti con una buona consapevolezza delle proprie (e altrui) emozioni.
La paura, l’isolamento prolungato in un ambiente domestico ristretto, l’allontanamento forzato da amici e parenti della scuola, il timore di essere infettati, le informazioni confuse o contraddittorie e le incertezze del futuro personale e familiare hanno sostenuto un aumento delle risposte ansiose.
Dati perfettamente coerenti con studi simili che hanno coinvolto studenti universitari in Cina, indicando che gli studenti erano turbati dall’ansia relativa alla Covid-19, per le conseguenze sui loro studi, sul futuro impiego, e nelle loro relazioni interpersonali.
Esaminando sia l’Eaq che il Sas in relazione al genere, i punteggi della scala dell’ansia femminile sono apparsi significativamente più alti di quelli dei maschi, mentre non sono state trovate differenze significative riguardo alla consapevolezza delle emozioni.

I possibili interventi

Per quanto riguarda le implicazioni operative, i dati suggeriscono la necessità di sviluppare programmi di intervento focalizzati sulle reazioni emotive e affettive degli adolescenti più grandi. Dal momento che la pandemia è inevitabile e incontrollabile, e poiché le misure restrittive sono l’unico modo per contenere la diffusione dell’infezione, la regola d’oro per affrontare l’ansia degli adolescenti può essere quella di fornire un sistema di comunicazione efficace, empatico e rassicurante con la partecipazione diretta degli adolescenti, accompagnato da servizi di consulenza psicologica per la gestione dello stress.
In un recente editoriale, al fine di prevenire “la malattia del panico”, The Lancet ha evidenziato come la pandemia di Covid-19 non possa essere prevenuta; tuttavia, fornire alle persone informazioni accurate “è la prevenzione più efficace contro la malattia del panico”. La comunicazione rivolta agli adolescenti più grandi dovrebbe offrire loro la possibilità di essere informati correttamente e onestamente, e di uscire dall’isolamento condividendo con gli altri le loro sensazioni.
In sostanza, un’informazione efficace, empatica, insieme a una consulenza psicologica monitorata da adulti esperti (che coinvolgono direttamente i ragazzi) possono mitigare le reazioni ansiose degli adolescenti, e possono aiutarli a gestire l’incertezza e la paura contestualizzando la vulnerabilità individuale.
Lo studio dei ricercatori siciliani è pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Journal of Clinical Medicine.