Sempre più bambini e ragazzi vengono derisi e, nei casi più gravi, aggrediti fisicamente. Stiamo parlando di bullismo e di cyberbullismo, versione informatica di una violenza da non sottovalutare. Ma come intervenire? Parlandone a casa e a scuola scongiurando così un fenomeno che si nutre di silenzio e omertà.
di Antonello Raciti
È un fenomeno dilagante, il bullismo. Qualcosa di molto insidioso e pervasivo che continua a colpire innocenti. E purtroppo l’Italia vanta un triste primato su questo fronte. Infatti la prima statistica globale sul bullismo, sviluppata tra gennaio 2021 e febbraio 2022 dall’ong internazionale Bullismo Senza Frontiere, colloca proprio l’Italia tra i Paesi con il maggior numero di casi di bullismo al mondo, con la cifra monstre di 19.800 di fatti accertati. L’Italia dunque, per il suo indice di popolazione e l’enorme quantità di studenti di scuola primaria e secondaria, presenta un numero elevatissimo di episodi gravi di bullismo e cyberbullismo, un fenomeno che resta ancora ampiamente sottostimato poiché è impossibile quantificare davvero una realtà che spesso prospera nel silenzio.
Le molestie scolastiche o il bullismo verificato in Italia provengono infatti dal materiale fornito dai segretariati e ministeri dell’Istruzione delle diverse province italiane e dai Tribunali Penali in relazione alle testimonianze dei genitori delle persone colpite e degli insegnanti. Le percentuali marcate implicano il numero di bambini e adolescenti vittime di bullismo sull’intero universo degli studenti delle scuole primarie e secondarie.
L’aspetto fisico al primo posto
Secondo il report dell’istituto di ricerca Eures, realizzato in collaborazione con la Regione Lazio, e presentato lo scorso febbraio, il bullismo ha una maggiore estensione nel periodo preadolescenziale e rallenta progressivamente nelle fasi successive dello sviluppo dei giovani: la più alta incidenza di vittime del fenomeno si registra infatti tra i bambini delle scuole elementari (dove il 50,5% afferma di esserne stato anche occasionalmente vittima), scendendo al 40,9% nelle scuole medie e al 33,3% nelle scuole secondarie superiori.
Il 70,5% dei giovani intervistati segnala l’aspetto fisico come principale fattore di rischio. Seguono le citazioni relative all’orientamento sessuale (30%) e all’etnia/nazionalità di provenienza (27,3%). Mentre l’isolamento e l’esclusione dal gruppo, le principali forme di violenza in cui si manifesta il bullismo, sono stati sperimentati dal 44,8% delle vittime, con maggiore diffusione nelle scuole elementari (55,8%).
Inoltre, stando ai dati della VI rilevazione 2022 del Sistema di Sorveglianza Hbsc Italia (Health behaviour in school-aged children – Comportamenti collegati alla salute dei ragazzi in età scolare), coordinato dall’Istituto superiore di sanità, la percentuale è più alta tra le ragazze e tra i più giovani, con proporzioni di circa il 20% negli undicenni che via via si riducono al 10% nei soggetti più grandi. Infine il 21,5% degli studenti delle scuole secondarie afferma di essere stato vittima del cyberbullismo.
I comportamenti differenziati dei ragazzi e delle ragazze italiane
All’interno di queste fredde cifre delle statistiche vanno sottolineate perlomeno alcune peculiarità del mondo italiano. E qui ci aiuta ancora l’analisi comparata su scala globale elaborata dall’ong Bullismo Senza Frontiere. Nel caso dell’Italia c’è infatti un aspetto particolare che distingue il bullismo tra ragazzi da quello che avviene tra ragazze. Con ragazzi di età compresa tra 6 e 17 anni, lo scarso rendimento nelle attività sportive è motivo di bullismo: in genere i bulli tollerano meglio un compagno di classe con buoni voti rispetto a uno che non gioca a calcio, basket, pallavolo o che non svolge in maniera performante l’attività fisica a scuola.
Nel caso delle ragazze, invece, la bellezza è spesso un fattore scatenante di aggressività e anche di atti di violenza. Un dato in netta controtendenza rispetto ad altri Paesi come gli Stati Uniti, la Francia, la Spagna, il Messico e il Brasile, in cui essere belli è motivo di distinzione in classe e a scuola, sia per le ragazzine sia per le ragazze più grandi. In Italia, al contrario, la bellezza può essere il punto di partenza per ogni tipo di attacco, che in alcuni casi può arrivare a esiti davvero drammatici.
La fattispecie del cyberbullismo
Un po’ ovunque però gli atti di bullismo sono prevalentemente commessi all’interno della classe o genericamente del teatro scolastico, anche se non mancano gli altri luoghi di aggregazione, certamente meno esposti al fenomeno, come il quartiere e l’ambiente sportivo. Gli autori sono soprattutto identificati come giovani che agiscono “in branco”.
Insieme alla crescita sostenuta del bullismo, sempre più casi di molestie e abusi vengono segnalati sui social network. Parliamo in questo caso di bullismo su internet o cyberbullismo che si concretizza in un attacco continuo, ripetuto, offensivo e sistematico attuato mediante gli strumenti informatici. Si tratta di una forma particolarmente odiosa di bullismo perché in effetti la rete offre un certo anonimato e un alto grado di libertà in quanto l’azione del bullo non è arginata dal contesto (docenti, compagni di classe e personale scolastico).
Vietato stare zitti
Il bullismo, con il cyberbullismo, è la principale causa di disagio, depressione e atti di autolesionismo che a volte conducono ad atti estremi come il suicidio tra i preadolescenti e gli adolescenti. È fondamentale contrastare questi fenomeni inducendo i bambini e i ragazzi a riflettere sull’importanza di riconoscere e rispettare le proprie emozioni e quelle degli altri. E serve che le famiglie vengano supportate dagli educatori e dalla scuola.
Oggi quasi tutti gli istituti scolastici, durante l’intero anno e ancor più durante la Giornata mondiale contro il bullismo e il cyberbullismo (7 febbraio) organizzano infatti alcune attività anche in collaborazione con le forze dell’ordine, per educare i giovani e le loro famiglie ad accostarsi a un tema considerato quasi tabù. Un lavoro non da poco, tanto più che, secondo la già citata indagine Eures, è parecchio significativa (ben il 32,7%) la quota di testimoni che afferma di “non aver fatto nulla”, assistendo in maniera passiva agli atti di bullismo per non essere a sua volta preso di mira dai bulli. Perché la vittima non rientrava nella cerchia di amici o perché non ha ritenuto fosse una cosa grave.
I fenomeni di bullismo quando si verificano, vanno invece denunciati e combattuti subito con un intervento energico e tempestivo. Questa è la ricetta che più o meno tutti gli esperti e gli psicologi forniscono in merito. In particolare non si deve avere paura di affrontare l’argomento e di parlarne imparando anche così a riconoscere e a dare un nome alla violenza in tutte le sue forme.
E questo vale tanto a scuola quanto, soprattutto, a casa.